Storia delle Isole Cook

Si ritiene che 40.000 anni fa la regione del Pacifico fosse totalmente disabitata, ma in quel periodo le popolazioni asiatiche iniziarono a spostarsi e a occupare l’Australia e la Melanesia. Gli aborigeni australiani e le tribù della Papua Nuova Guinea discendono da questi primi abitanti. Le migrazioni proseguirono in tutto il Pacifico meridionale per migliaia di anni, ma le Isole Cook iniziarono a essere abitate solo circa 1500 anni fa. Il primo europeo giunto in prossimità dell’arcipelago fu l’esploratore spagnolo Alvaro de Mendana, che nel 1595 avvistò Pukapuka. Per i 150 anni successivi non si hanno notizie di altri contatti europei fino a quando il capitano James Cook esplorò buona parte dell’arcipelago durante le sue spedizioni del 1773 e del 1777. Cook mise piede su una sola isola, la piccola e disabitata Palmerston, e tralasciò Rarotonga, che invece è la più grande, la quale fu poi esplorata dai ribelli del Bounty, che si ammutinarono mentre navigavano tra queste isole.

Il capitano Cook battezzò il gruppo meridionale Isole Hervey (dal nome di un lord dell’Ammiragliato britannico), ma 50 anni dopo un cartografo russo rese giustizia a Cook dando all’arcipelago con il suo nome. Solo alla fine del secolo i due gruppi vennero uniti in una singola entità.

L’arrivo degli esploratori fu seguito da quello dei missionari, che per gran parte del XIX secolo controllarono saldamente la vita religiosa delle isole. Essi imposero un severo sistema di leggi e punizioni nel quale i proventi delle ammende venivano spartiti tra i giudici e i poliziotti. La forte componente religiosa del codice legislativo portò all’introduzione delle cosiddette ‘Blue Laws’, ovvero leggi morali; un esempio è la normativa secondo la quale se un uomo dopo il calar della sera cingeva una donna con un braccio, nell’altra mano doveva tenere una torcia.

I missionari scelsero Rarotonga quale loro centro amministrativo e in genere ignorarono le isole più esterne, lasciandole al governo dei capi tribù, gli Ariki, i quali mantennero fortunatamente in vita la cultura, la lingua e la religione tradizionale isolane. Nelle zone dominate dai missionari si diffusero invece molte malattie per le quali gli indigeni non avevano difese immunitarie: di conseguenza, tre decenni dopo la comparsa dei primi missionari la popolazione autoctona era diminuita di due terzi. In un solo anno la dissenteria proveniente da Tahiti uccise 1000 persone e soltanto all’inizio del XX secolo la popolazione riprese ad aumentare.

Gli inglesi assunsero il controllo delle isole nel 1888 dichiarandole protettorato britannico. Dopo dieci anni, alcune isole passarono sotto il controllo della Nuova Zelanda, seguite nel 1901 da quelle restanti. I tentativi di fare dell’arcipelago un entità a sé, in grado di mantenersi da sola nell’ambito dell’unione commerciale della regione, fallirono, in parte a causa degli ariki, che avevano il controllo della maggior parte delle terre ma tendevano a lasciarle incolte.

Durante la seconda guerra mondiale gli Stati Uniti costruirono un campo aereo a Penrhyn e uno ad Aitutaki, ma fino agli anni ’60 la situazione sulle isole rimase tranquilla. Nel 1965 fu concesso alle Cook l’autogoverno per le questioni interne, mentre la politica estera e la difesa continuavano a essere gestite dalla Nuova Zelanda con obbligo di consultazione e su richiesta del governo locale. Per una decina di anni le Isole Cook videro alternarsi al governo fragili ed effimere coalizioni ma ritrovarono la stabilità politica nel 1989 quando diventò primo ministro Geoffrey Henry .

Al contrario, la stabilità economica non è ancora stata raggiunta. Quando nella metà degli anni ’90 la Nuova Zelanda sospese gli aiuti, Henry annunciò un drastico programma di austerità e licenziò circa 2000 dipendenti pubblici, fatto che in un paese di 20.000 abitanti significava lasciare senza lavoro una porzione enorme della popolazione attiva. Molte persone di conseguenza si videro costrette a emigrare in Nuova Zelanda e in Australia, dove godevano di particolari diritti per la ricerca di un posto di lavoro.

L’11 giugno 1980 è stato firmato un trattato con gli Usa, con il quale si sono definiti i confini marittimi tra le isole Cook e le Samoa Americane, con il quale gli statunitensi hanno inoltre rinunciato alle loro pretese sulle isole Penrhyn, Pukapuka, Manihiki, e Rakahanga, delle isole Cook settentrionali.

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